Cavalleria rusticana - Teatro Carlo Felice web Tv

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Venerdì 18 Maggio 2012

ore 20:15 (inizio diretta)
Friday, May 18, 2012 - h 7:15 PM (in GMT)
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Che fine ha fatto la piccola Irene? / Cavalleria rusticana

Opera da camera di Marco Betta
Melodramma in un atto di Pietro Mascagni

CHE FINE HA FATTO LA PICCOLA IRENE?
Regia
Rocco Mortelliti

CAVALLERIA RUSTICANA

Regia
Andrea Camilleri

Direttore
Dario Lucantoni
Scene
Italo Grassi
Costumi
Carmela Lacerenza
Luci
Luciano Novelli
Assistente ai costumi
Maria Gualtieri

Cast del 18 Maggio

CHE FINE HA FATTO LA PICCOLA IRENE?
opera da camera in un atto di Marco Betta, libretto di Rocco Mortelliti,
dall'omonimo racconto della serie "Le inchieste del Commissario Collura" di Andrea Camilleri

Personaggi e interpreti
Cecè Collura - Danilo Formaggia  
Comandante - Fabrizio Beggi
Scipio Premuda - Naoyuki Okada
Signora Laura Spoto - Maria Dragoni
Giorgia - Paola Ghigo
Inserviente - Federica Granata
Signor Duclos - Boris Vecchio
Mimo - Adriana Mortelliti

Cavalleria rusticana
melodramma in un atto di Pietro Mascagni, libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci,
dall'omonima novella di Giovanni Verga

Personaggi e interpreti

Santuzza - Giovanna Casolla
Lola - Claudia Marchi
Turiddu - Marcello Giordani  
Alfio - Alberto Mastromarino
Mamma Lucia - Maria José Trullu
Mimi - Federica Granata - Adriana Mortelliti - Boris Vecchio

Che fine ha fatto la piccola Irene?
Il commissario Montalbano, il personaggio più celebre di Andrea Camilleri, avrebbe potuto essere battezzato con un altro nome: Cecè Collura. Camilleri, alla fine, scelse Montalbano in omaggio ad un altro giallista sui generis, lo spagnolo Manuel Vázquez Montálban, il creatore del detective privato Pepe Carvalho. Ma quel nome alternativo, Cecè Collura, rimase comunque nella memoria di Camilleri, che lo recuperò, difatti, quando, nell’estate del 1998, il quotidiano “La Stampa” gli commissionò otto racconti brevi da leggersi sotto l’ombrellone (raccolti, in seguito, nel volume Le inchieste del commissario Collura). Camilleri fece di Cecè un collega e amico di Montalbano che accetta di passare la convalescenza come commissario di bordo su una nave da crociera, dove non si troverà di fronte a crimini efferati, ma a piccoli enigmi dal risvolto umano.
Rocco Mortelliti, regista e attore che si considera allievo di Camilleri, è colui che ha avuto l’idea di trasformare Cecè Collura in un personaggio operistico, e le sue avventure in libretti: ha iniziato nel 2002 con Il fantasma nella cabina e ha proseguito l’anno successivo con Il mistero del finto cantante e Che fine ha fatto la piccola Irene? Nelle avventure di Cecè, raccontate da Camilleri in modo essenziale, Mortelliti – che cura anche la regia della messa in scena – inserisce arie e ariosi, duetti e parentesi di mimo, dando vita a uno spettacolo a metà tra il teatro di prosa e quello d’opera, recitato e cantato insieme, alla maniera dell’antico Singspiel. Mantenendone intatto, tuttavia, il tema fondamentale, dominante in tutti e otto i racconti: il contrasto tra verità e apparenza. Che fina ha fatto la piccola Irene? compreso: è davvero stata rapita la figlia della passeggera Laura Spoto, la piccola Irene, appunto, bimba di appena tre mesi? La verità celata dietro l’apparenza nasconde un dramma femminile penoso e doloroso, che Cecè Collura affronterà con la sua consueta capacità di comprensione umana. La musica, di Marco Betta, classe 1964, siciliano come Camilleri, fonde con abilità opera, musical, colonna sonora, canzone, musiche di scena. E Andrea Camilleri fa la sua piccola, ma incisiva apparizione: come voce narrante all’inizio e alla fine dell’opera.

 
Cavalleria rusticana

Il 17 maggio 1890, quando al Teatro Costanzi di Roma debuttò Cavalleria rusticana, Pietro Mascagni fu il primo a stupirsi dell’enorme successo di quell’atto unico di un’ora e un quarto che aveva composto in appena due mesi per partecipare ad un concorso indetto dalla casa editrice Sonzogno (concorso che vinse). Neanche lui, insomma, che ambiva a scrivere opere monumentali sul solco della tradizione melodrammatica italiana, si era accorto che componendo Cavalleria stava per dare al pubblico operistico dell’epoca qualcosa di nuovo, qualcosa di cui, evidentemente, aveva bisogno da tempo. Non più, infatti, come sfondo, ricostruzioni storiche suntuose e ambientazioni altolocate, ma un realistico paesino della Sicilia di fine Ottocento. Niente complicati intrighi di palazzo, ma una schietta vicenda di passione, gelosia e tradimento, che si conclude con un delitto d’onore. Con grande fiuto, Mascagni associò alla storia, tratta dall’omonima novella di Giovanni Verga, una musica altrettanto spontanea, senza alcuna altra pretesa se non quella di rappresentare nel modo più immediato e diretto possibile i sentimenti che spingono tutti i personaggi coinvolti al tragico finale. Melodie che scorrono fluide come quelle delle canzoni popolari, armonie semplici, ma raffinate ed avvolgenti, e, soprattutto, l’irruzione nel canto della parola parlata, così da toccare il livello massimo di verità rappresentativa. Non a caso, i due momenti più celebri dell’opera sono l’Intermezzo strumentale, trionfo di melodia italiana allo stato puro, e il grido delle popolane su cui cala il sipario, quell’“Hanno ammazzato compare Turiddu!” che è diventato quasi il simbolo stesso del verismo in musica. La sfida e il fascino dell’allestimento genovese è l’aver convinto Andrea Camilleri, il creatore del commissario Montalbano, ad ideare la messa in scena della “sua” Cavalleria. A curarne la realizzazione sarà il regista Rocco Mortelliti.

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