Pagliacci - Teatro Carlo Felice web Tv

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PRIMA DELLA PRIMA....

Pagliacci

La realtà che irrompe con violenza sul palcoscenico e abbatte gli argini della finzione teatrale. La passione irrazionale dei sentimenti che stravolge totalmente la melodia vocale così come il melodramma italiano l’aveva concepita fino a quel momento. Le armonie ruvide e brusche, volutamente volgari, che evocano un contesto provinciale squallido, popolato di clown infelici, deformi e grotteschi, condannati per sempre a dividersi tra lazzi e lacrime. Queste le originalità di Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, che ne fanno un caso unico sia nella storia del teatro lirico italiano, che nella produzione del suo autore. Oltre che un’opera anticipatrice: nei clown “vinti” di Pagliacci si intravedono già quelli di Picasso, di Chaplin, di Fellini…

Per il suo capolavoro, Leoncavallo si ispirò ad un fatto di cronaca nera, avvenuto a Montalto di Calabria, di cui era stato testimone da bambino: al termine di una rappresentazione di piazza tenuta da una compagnia di girovaghi, un clown uccise a pugnalate la moglie, anche lei attrice della compagnia, e l’amante di lei, presente tra il pubblico. L’amante era un domestico di casa Leoncavallo; il padre di Ruggero, Vincenzo (dedicatario della partitura, insieme alla madre), il magistrato che condannò l’assassino a vent’anni di carcere. Nel libretto, scritto dallo stesso compositore (che oltre a diplomarsi al Conservatorio di Napoli si era anche laureato in Lettere a Bologna con Carducci), il marito, la moglie e l’amante diventeranno, rispettivamente, i personaggi di Canio (tenore), Nedda (soprano) e Silvio (baritono).

Il «più verista dei melodrammi veristi», come l’ha definito Alberto Savinio, fu composto in cinque mesi a Parigi, mentre Leoncavallo si manteneva scrivendo canzonette per il café-chantant “Eldorado”, e debuttò al Teatro dal Verme di Milano, con successo strepitoso, il 21 maggio 1892. Da allora, Pagliacci ha continuato a far discutere e a dividere: maltrattata dalla critica più snob, che la giudicò fin da subito un’opera troppo enfatica, amata fino al delirio dal pubblico di tutte le epoche e le estrazioni sociali. L’imperatore di Germania Guglielmo II se ne innamorò a tal punto che commissionò a Leoncavallo una nuova opera, il Rolando di Berlino. Ed è emblematica la scena degli Intoccabili di Brian De Palma dove lo spietato Al Capone, interpretato da Robert De Niro, seduto in un palco del Metropolitan, si commuove come un bambino davanti a “Ridi Pagliaccio” cantata da Caruso.






Musica Ruggiero Leoncavallo

Direttore
Fabio Luisi
Gaetano d’Espinosa (12, 17)

Regia e scene
Franco Zeffirelli

Regista assistente
Stefano Trespidi

Costumi
Raimonda Gaetani

Assistente alle scene

Carlo Centolavigna

Assistente ai costumi

Laura Lemmetti

Allestimento di proprietà di

Franco Zeffirelli s.r.l.



Orchestra, Coro e Coro di voci bianche del Teatro Carlo Felice


Maestro del Coro

Marcovalerio Marletta

Maestro del Coro di voci bianche

Gino Tanasini




Nedda
Maite Alberola

Canio
Antonello Palombi

Tonio
Juan Pons

Peppe
Manuel Pierattelli

Silvio
Domenico Balzani

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